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Luigi Pulci
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==La vita e le opere== ''' LA VITA''' Luigi Pulci nacque a Firenze nel 1432 da una famiglia nobile, ma impoverita, afflitta dai debiti e da catastrofi economiche. Nel 1459 entrò al servizio di Francesco Castellani che lo introdusse nella casa dei Medici e gli permise di seguire le lezioni dell’umanista Bartolomeo Scala. Benvoluto dalla madre di Lorenzo, Lucrezia Tornabuoni, fu in ottimi rapporti anche con i figli, con i quali, pur essendo assai più anziano, creò un’allegra brigata. In essa introdusse il suo gusto irriverente e giocoso, incline, in campo letterario al comico e al burlesco. Replicò alla ''Nencia da Barberino'' di Lorenzo con la ''Beca di Dicomano'', insistendo sugli aspetti comici e parodici già presenti nel testo di Lorenzo. Si tratta ovviamente, di scherzi letterari interni a un gruppo di amici. Su invito di Lucrezia Tornabuoni, Pulci nel 1461 cominciò a scrivere il ''Morgante'', i cui primi 23 canti, che formano la prima parte del poema, dovevano già essere stati ultimati dieci anni dopo (ma saranno pubblicati solo nel 1478). Dopo una vittoria di Lorenzo a una giostra, scrisse la Giostra di Lorenzo de’ Medici, inaugurando un genere poi ripreso da Polizano. Tra il 1473 e il 1474 si sposò con Lucrezia degli Albizzi. Nello stesso periodo il clima della cerchia medicea, dapprima molto influenzato dal suo umore bizzarro e giocoso, si modificò notevolmente per l'importanza assunta dai filosofi platonici dell'Accademia (Ficino, Pico, Landino); il Pulci entrò in conflitto con questi personaggi ed ebbe un'aspra polemica con Ficino sull'immortalità dell'anima. Perciò il Magnifico lo lasciò ai margini. La posizione di Pulci, che aveva la cultura disordinata di un autodidatta, si rifaceva a una tradizione comunale di irriverenza burlesca che aveva radici nella poesia comico-giocosa del Burchiello, ma si ricollegava anche al materialismo averroista. Nonostante la rottura con l’ambiente mediceo, a lungo tuttavia Pulci pensò che il suo antico rapporto di amicizia con Lorenzo potesse attraversare, intanto, questa crisi. Le sue ''Lettere'' quasi tutte rivolte a Lorenzo, testimoniano il tentativo che egli fece per mantenere, nel clan dei Medici, una funzione privilegiata. Il tentativo fallì. Questo e le difficoltà finanziarie che colpirono i fratelli Luca e Bernardo intorno al 1470, costrinsero il Pulci ad allontanarsi da Firenze (per missioni diplomatiche a Camerino, Foligno e Napoli) e ad entrare al servizio del condottiero Roberto di San Severino,conte di Caiazzo e capitano militare, che seguì in vari viaggi (Milano, Pisa e Venezia). Nel marzo del 1481 fu nominato capitano di Val di Lugana, feudo del Sanseverino. Invano tentò di inserirsi nel nuovo clima culturale, sia scrivendo un ''Confessione'' a Maria Vergine in cui sembra scusarsi per la sua precedente irriverenza religiosa (ma anche questo pentimento resta ambiguo anche perché non allontana un sospetto di ironia o parodia), sia adottando un tono più serio e eroico nei cinque canti aggiunti alla prima parte del ''Morgante''. L’opera completa di 28 canti uscì a stampa nel 1483. L’anno successivo Pulci moriva a Padova, durante un viaggio con il Sanseverino. Il suo corpo fu seppellito nel modo riservato agli eretici: a lume spento e in terra sconsacrata, poiché le sue opere si spinsero al confine della miscredenza e dell'ambiguità ideologica. '''LE OPERE''' Pulci da prova di una fantasia sbrigliata e di un gusto per la bizzarria e per la parodia di tutto ciò che è ritenuto intangibile, questo si evince dalle sue opere minori quali: - Le '''''Lettere''''', che esprimono i suoi sentimenti di devozione nei confronti di Lorenzo de’ Medici, rispecchiano la personalità di Pulci nella vastissima coloratura del mondo comico; - I '''''Sonetti''''', nei quali la comicità fa dimentica la fredda e pungente polemica al mondo ecclesiastico; - La '''''Bega''''', che canta dell’amore di un rozzo montanaro, Nuto, con un rude realismo che ritrae la mentalità alpestre. Non c’è ombra degli elementi dell’amore pastorale e anzi qui tutto è realtà bassa e materiale; - Le '''''Frottole'''''; - La '''''Giostra''''', poemetto in ottava rima composto per celebrale la vittoria del giovane Lorenzo de’ Medici; - Il '''''Morgante''''': • '''TRAMA''': Orlando e il suo compare si recano in Pagania (in Asia e in Egitto), fra gli infedeli musulmani. Orlando capita in un convento minacciato da tre giganti, e dopo averne uccisi due converte il terzo al cristianesimo, proprio Morgante, che diverrà il suo scudiero. Dopo un rapido susseguirsi di peripezie e avventure d’ogni genere, sapendo che Carlo Magno è in difficoltà, Orlando e Rinaldo tornano in Francia per aiutarlo, trasportati da due demoni. Ma nella gola di Roncisvalle, per tradimento del perfido Gano, sono accerchiati dai saraceni e successivamente vengono uccisi. Il re Carlo scopre il tradimento e condanna Gano ad essere squartato. Altra figura che compare nel poema in ottava rima è Margutte, il "gigante nano" (cosiddetto per la sua statura di "soli" 4 metri, a differenza dei tradizionali 8 degli altri giganti del poema), anch'egli soggetto pseudo-eroico come Morgante. Entrambi, dopo epiche e ardue imprese, risultano essere una parodia della tradizione cavalleresca e del ciclo carolingio in quanto muoiono in maniera del tutto banale (Morgante muore per una puntura di granchio; Margutte "scoppia" letteralmente dal ridere dopo aver visto i suoi stivali rubati da una bertuccia che per gioco se li mette e se li leva). • '''PERSONAGGI''': Il motore del poema risulta Gano, descritto come un folle che non fa altro che progettare congiure; Carlo Magno sembra un vecchio rimbambito che condanna e poi perdona Gano senza motivo. La vena burlesca del poeta si anima soprattutto a contatto con i personaggi prediletti: Morgante, gigante di proporzioni ma fanciullo di sentimenti, e Margutte, mezzo-gigante scaltro d'ingegno, spavalda incarnazione di un mondo furfantesco, irridente di ogni limite religioso e morale, divertita e originale creazione del poeta, ma anche raffigurazione estrosa del suo temperamento anticonformista e provocatorio. Astarotte invece è un demone (manifestazione del diavolo) colto che tratta argomenti teologici e scientifici. Creazione originale del poeta, è in antitesi col gusto burlesco del poema: rappresenta la volontà di sradicare le concezioni medievali e di liberarsi dalle credenze medievali. Espone alcune teorie che sono le stesse del Pulci nella realtà e incarna la curiosità umana, il gusto della scoperta. • '''STILE''': È un poema comico, la trama procede per colpi di scena predomina una gran fantasia animata da spirito burlesco, talvolta spregiudicato, espresso in un linguaggio pungente tipico dei cantari popolari (componimenti cavallereschi del ‘400-‘500 destinati a un’esecuzione in pubblico). Il titolo di Morgante fu imposto a furor di popolo come si desume dal lungo titolo imposto all’edizione del 1481. La committente Lucrezia Tornabuoni avrebbe desiderato un poema cavalleresco, in linea con la tendenza alla rifeudalizzazione che in quel tempo era presente in Firenze. Il poeta invece dimentica ben presto l’impegno epico e scrive una parodia del poema cavalleresco. ==Il pensiero== ==Elementi di laicità== [[Categoria:autori]] [[Categoria:Umanesimo]] [[Categoria:Rinascimento]] [[Categoria:pensiero laico]]
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